Relatrice
Data: 
Martedì, 18 Aprile, 2017
Nome: 
Alessandra Terrosi

A.C. 302-3674-A

Il testo unificato che oggi approda in discussione generale, recante "Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico" è frutto del lavoro effettuato sulla proposta n. 302 Fiorio ed altri, presentata il 16 marzo 2013 e su quella n. 3674 Castiello, presentata in data 15 marzo 2016.

Già nella precedente legislatura, la Commissione Agricoltura della Camera dei deputati avviò l'esame di alcuni progetti di legge in materia (C. 1629, 1695, 2545, 2604 e 2880), pervenendo all'elaborazione di un testo unificato, scelto poi come testo base. Su tale testo, la Commissione procedette alla più ampia consultazione di tutti i soggetti in grado di fornire un utile contributo alla migliore definizione del provvedimento. A tal fine, si svolsero numerosi incontri, in sede di audizioni informali, con le rappresentanze delle organizzazioni professionali agricole, delle organizzazioni del settore biologico, delle organizzazioni dell'industria alimentare, delle imprese sementiere e zootecniche, dei produttori di fertilizzanti e di agrofarmaci, nonché con i rappresentanti di alcune associazioni di studio e ricerca e di movimenti attivi nel settore della produzione alimentare. Il provvedimento, tuttavia, non arrivò a conclusione.

Breve cronistoria dei lavori in Commissione agricoltura.

La proposta di legge n. 302 Fiorio ed al. viene incardinata il 4 giugno 2013.

Il 12 giugno viene nominato il Comitato ristretto e, dopo deliberazione della Commissione, a partire dal 17 giugno inizia un ciclo di audizioni rivolte al settore agricolo, con il coinvolgimento delle organizzazioni professionali e delle associazioni del biologico, al settore della ricerca e della sperimentazione, a quello dell'agroalimentare nonché ai soggetti a vario titolo coinvolti nella delicata fase del controllo.

Il primo ciclo di audizioni, effettuate contemporaneamente anche sul documento (COM(2014)180final) recante proposta di revisione del Regolamento europeo 834/97, che costituisce la base normativa comunitaria per il settore, nonché sul documento (COM(2014)179 final) recante comunicazione della Commissione Europea riguardante il Piano di azione per il futuro della produzione biologica nella UE, si è concluso il 30 luglio 2014.

Proprio per l'avvio in sede europea della discussione sulla revisione della normativa relativa al biologico, i lavori della Commissione sul provvedimento in esame hanno subito una battuta di arresto.

A questo è seguito un secondo ciclo di audizioni svoltesi dal 4 al 18 maggio 2016, volte a favorire l'approfondimento dei temi riguardanti la genetica e la compatibilità delle tecniche che la stessa adotta, con il metodo di produzione biologico.

In data 15 marzo 2016 è stata presentata la proposta n. 3674 Castiello esaminata ed abbinata alla proposta n. 302 Fiorio e al., in data 4 ottobre 2016.

Il 14 febbraio 2017 la Commissione ha adottato il testo base e il 14 marzo si è proceduto all'esame e alla votazione degli oltre cento emendamenti presentati.

Da ultimo lo scorso 12 aprile sono stati approvati in Commissione, oltre ad alcune correzioni di forma, due emendamenti della relatrice di recepimento rispettivamente della osservazione contenuta nel parere favorevole espresso dalla Commissione XI Lavoro e della osservazione a corredo del parere favorevole espresso dalla Commissione XIV Politiche della Unione europea.

Considerazioni generali sul testo unificato

Il testo che giunge oggi all'esame dell'Aula risulta significativamente diverso rispetto ai testi di partenza.

La Commissione ha lavorato nell'ottica di costruire un testo che da un lato evitasse inutili ridondanze con la regolamentazione comunitaria e dall'altro lato proponesse un impianto normativo snello ed efficace per essere vero strumento di sostegno al settore.

Si è reso necessario, infatti, innanzi tutto l'adeguamento alla normativa europea, ad esempio in tema di produzioni zootecniche, di vino biologico e di acquacoltura biologica, comparti ai quali erano dedicati specifici articoli del testo originario e per i quali nel frattempo sono stati emanati Regolamenti comunitari.

Nell'ottica di una collaborazione fattiva, che ha contraddistinto il rapporto con il Governo per tutta la durata del lavoro in Commissione, e onde evitare sovrapposizioni normative non certo utili al settore, è stato ritenuto corretto alleggerire il testo iniziale rispetto al tema dei controlli e a quello della somministrazione di alimenti biologici nelle mense scolastiche, ritenuti comunque molto importanti per lo sviluppo e il sostegno alla agricoltura biologica.

L'approvazione da parte del Parlamento della legge 28 luglio 2016 n. 154 (c.d. collegato agricolo), assegna infatti al Governo all'articolo 5, comma 2, lettera g la delega per il riordino del sistema di controllo, tra gli altri, anche per l'agricoltura biologica.

Infine, i riferimenti alla somministrazione di alimenti biologici nelle mense scolastiche contenuti nell'articolo 6 lettera g) del testo base, sono stati espunti dopo l'avvenuta manifestazione da parte del Governo di voler emanare a breve sulla stessa materia un proprio disegno di legge.

Considerazioni generali sul comporto.

Negli anni in cui è maturata la discussione sul testo, durante i quali la Commissione ha audito molti degli attori che si occupano di agricoltura biologica, il settore è cresciuto considerevolmente sia in termini di quantità delle produzioni realizzate sia come superficie investita a biologico.

Secondo i dati reperibili sul Sistema nazionale per l'agricoltura biologica SINAB, che da 16 anni è attivo e produce biostatistiche, al 31 dicembre 2015 le imprese inserite nel sistema di certificazione erano poco meno di 60.000 con una crescita rispetto all'anno precedente (2015 su 2014) del 8,2 per cento. Nello stesso periodo la SAU biologica è aumentata del 7,5 per cento arrivando a poco meno di 1,5 milioni di ettari, parti al 12 per cento della SAU nazionale.

Va sottolineato il carattere anticiclico dell'agricoltura biologica negli anni del recente passato in cui, come noto, tutti i settori produttivi sono stati investiti da una grave crisi: le aziende che adottano il metodo biologico, mediamente, hanno resistito meglio delle altre, vuoi per le caratteristiche di multifunzionalità che le distingue, vuoi perché mediamente si tratta di aziende a conduzione più giovane e spesso più femminile delle altre, vuoi perché sono aziende con una spiccata vocazione alla innovazione o perché spesso si tratta di aziende orientate alla esportazione.

Per tutte queste motivazioni, quello che fino a qualche anno fa era ritenuto un settore di nicchia, oggi rappresenta una parte importante della nostra economia agricola.

Per questo è stato giusto dedicargli il lavoro svolto fino a qui e per questo è importante che venga al più presto approvata la legge della quale oggi iniziamo la discussione.

Analisi degli articoli del testo.

Al Capo I NORME GENERALI è ascritto il primo articolo del testo.

L'Art. I stabilisce l'oggetto della presente legge e le finalità della stessa. In particolare al comma 2 definisce la produzione biologica "attività di interesse nazionale con funzione sociale, basata prioritariamente sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza alimentare, sul benessere degli animali, sullo sviluppo rurale e sulla tutela dell'ambiente e della biodiversità che concorre al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'intensità di emissioni di gas a effetto serra stabiliti dall'art. 7 Bis paragrafo 2 della direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998 e fornisce in tale ambito appositi servizi eco-sistemici. Lo Stato favorisce e promuove iniziative volte a incentivare la costituzione di organismi e punti di aggregazione del prodotto e di filiere biologiche". Il comma 3 dell'art. 1 equipara il metodo di coltivazione biodinamica a quello di coltivazione biologica solo se applicato nel rispetto delle disposizioni del reg. 834/2007.

Gli ecosistemi forniscono all'umanità una serie di vantaggi che vanno sotto il nome di beni e servizi eco sistemici. Per lungo tempo non è stato compreso il loro ruolo né tantomeno computato il loro valore nelle previsioni economiche della società poiché questi beni e servizi sono stati sempre disponibili, fuori dal mercato e gratuiti. Da lungo tempo l'UE si è concentrata su programmi che andassero nella direzione di tutelare la biodiversità e, più in generale gli ecosistemi. Già nel 2008 lo studio scaturito dal vertice di Potsdam, evidenziò che uno scenario immutato a quella data avrebbe comportato entro il 2050 una perdita di biodiversità pari al 7% del PIL. Da allora la politica comunitaria, in particolare in campo agricolo, sia nel I sia nel II pilastro è stata sempre più orientata a promuovere pratiche agricole sostenibili.

Quindi lo Stato riconosce il beneficio derivante dalla coltivazione con metodo biologico, beneficio dovuto alle minori quantità di input chimici utilizzati e riversati nelle matrici naturali, in particolare suolo e acqua, nonché all'insieme delle pratiche messe in atto che garantiscono la conservazione della complessità degli agroecosistemi. In generale tali benefici si traducono in quelli che il Millennium Ecosystem Assestement ha definito "quei benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano", catalogandoli in quattro categorie:

I. I servizi di fornitura o approvvigionamento che forniscono cibo, acqua, legname, combustibile e ogni altra materia prima compreso il materiale genetico;

2. I servizi di regolazione che regolano il clima, la qualità dell'aria e delle acque, la formazione del suolo, il ciclo dei rifiuti, la diffusione della malattie mitigando i rischi naturali di erosione, di inondazioni ecc;

3. 1 servizi culturali che includono benefici immateriali quali eredità e identità culturale, l'arricchimento spirituale, i valori estetici e ricreativi;

4. 1 servizi di supporto che comprendono, fra gli altri, la creazione di habitat e la conservazione della biodiversità.

E' noto come i sistemi Agricoli ad Alto Valore Naturale, quelli cioè che contribuiscono maggiormente alla tutela della biodiversità e che svolgono un ruolo chiave nel raggiungimento in particolare del terzo obiettivo della Strategia Europea sulla Biodiversità fino al 2020 ossia "garantire la sostenibilità dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca" in stretto collegamento con gli strumenti previsti dalla PAC, abbiano uno stretto rapporto con l'Agricoltura biologica. Nel nostro Paese oltre il 40% della superficie biologica certificata appartiene a un sistema agricolo AVN, un valore quasi doppio rilevato per le superfici coltivate convenzionalmente.

Gli articoli 2 e 3, riferiti al CAPO II AUTORITÀ NAZIONALI E LOCALI, individuano le Autorità nazionale e locali, rappresentate rispettivamente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali cui sono assegnate l'indirizzo e il coordinamento e dalle Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano cui spettano le attività tecnico-scientifiche e amministrative relative alla produzione agricola, agroalimentare e all'acquacoltura effettuate con metodo biologico.

Il CAPO III reca ORGANISMI DI SETTORE e comprende il solo Art. 4 che norma il Tavolo tecnico per l'agricoltura biologica.

Questo articolo definisce il superamento del Comitato consultivo per l'agricoltura biologica già istituito con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali n. 10568 del 10 dicembre 2008 e del Tavolo tecnico istituito con decreto n. 631 del 9 aprile 2013 (comma 2). Definisce contestualmente la istituzione del Tavolo tecnico per l'agricoltura biologica e ne norma la composizione e i compiti (commi 1, 3, 4). Questi ultimi nello specifico sono i seguenti:

delineare gli indirizzi e le priorità per il Piano di azione; esprimere pareri relativi a provvedimenti sulla agricoltura biologica a livello nazionale e europeo; proporre interventi per l'indirizzo e l'organizzazione della attività di promozione dei prodotti biologici favorendo il coordinamento tra le autorità nazionale e locali e gli operatori per assicurare la diffusione dei prodotti sul mercato; organizzare annualmente almeno un incontro in cui mettere a confronto le esperienze dei distretti biologici italiani e internazionali.

Il successivo e ultimo comma 5 delega ad un decreto del Ministro per le politiche agricole

agroalimentari e forestali le modalità di funzionamento del Tavolo tecnico stesso e sottolinea la non attribuzione di compensi ai partecipanti al Tavolo stesso.

In questo articolo si è voluto riprendere l'esperienza positiva e fattiva maturata dal Tavolo tecnico istituito con il decreto del 2103, che ha dato vita al Piano d'azione attualmente in essere, ricalcandone la composizione, superando l'esperienza del Comitato consultivo che nel tempo non aveva dato i risultati sperati. Si è privilegiato quindi la nascita di un organismi tecnico, competente, in grado di portare il proprio contributo in termini di proposta concreta per il settore.

Il CAPO IV STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE E DI FINANZIAMENTO comprende gli articoli da 5 a 8.

L'Art. 5 definisce l'adozione del Piano d'azione nazionale per l'agricoltura biologica e i prodotti biologici. Il Piano ha valenza triennale e viene aggiornato ogni anno in relazione agli obiettivi raggiunti e alle azioni realizzate. Gli obiettivi del Piano, elencati al comma 2, sono finalizzati a sostenere l'attività degli agricoltori che adottano il metodo biologico, a partire dalla delicata fase della conversione fino alla individuazione degli strumenti, finanziari e tecnici, idonei al rafforzamento della organizzazione della filiera con particolare riguardo alle piccole aziende.

Il Piano deve prevedere azioni specifiche per il monitoraggio dell'andamento del settore che individuino in progress i punti di forza e di debolezza del settore stesso e per la elaborazione e diffusione delle informazioni, tecniche e di mercato, utili ai diversi soggetti della filiera, in particolare attraverso lo strumento, già attivo, del Sistema di informazione nazionale per l'agricoltura biologica (SINAB).

Mirano, inoltre, a individuare le azioni più appropriate per migliorare il sistema di controllo e di certificazione al fine di garantire i consumatori, ma anche l'intero comparto produttivo, nonché a proporre azioni di formazione ed educazione al consumo e di informazione sui prodotti biologici, sulle loro caratteristiche e su come vengono ottenuti, rivolte al consumatore stesso, attraverso l'attuazione di programmi e misure gestiti direttamente dal Ministero o dalle Regioni e che richiamano alla disponibilità e all'impiego di risorse comunitarie.

Facendo propria l'attenzione della Comunità europea all'uso dei prodotti fitosanitari e al loro corretto impiego in particolare nella gestione del verde pubblico, fra gli obiettivi del piano vi è anche quello di stimolare gli enti pubblici all'uso di metodi biologici per il contenimento della flora infestante negli spazi di propria competenza.

Fra i temi trattati dal Piano è ricompreso quello dell'incentivazione della ricerca e della innovazione, entrambe fondamentali perché il settore biologico sia competitivo e adottabile su un quantitativo sempre maggiore di SAU. È infatti priva di fondamento la teoria secondo la quale fare agricoltura biologica equivale a non adottare alcuna lavorazione o alcun metodo di contenimento della flora antagonista o a non mettere in atto alcun mezzo per la difesa fitosanitaria. È vero esattamente il contrario e le conoscenze in capo all'agricoltore che pratica il metodo biologico devono essere riferite all'agroecosistema nel suo complesso e supportate da riscontri scientifici aggiornati e trasferibili.

All'Art. 8, Sostegno alla ricerca tecnologica e applicata, il tema della importanza e della necessità della ricerca viene affrontato più compiutamente, riconoscendo la importanza di promuovere percorsi formativi dedicati agli studenti universitari che possano usufruire di dottorati di ricerca, master e corsi di alta formazione nelle tematiche della produzione agricola e agroalimentare e di acquacoltura effettuate con metodo biologico riconoscendo la necessità di garantire nel tempo l'offerta formativa già presente e potenziandola ove possibile; e individuando nell'aggiornamento dei docenti degli istituti tecnici e nella possibilità per gli studenti di svolgere tirocini pratici direttamente nelle aziende biologiche, una leva importante di trasmissione della conoscenza, teorica e pratica, relativa a questo settore.

Le lettere b) e c) del presente articolo sanciscono l'importanza che rivestono il Consiglio Nazionale

delle Ricerche CNR e il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi della economia agraria CREA, in materia di ricerca in agricoltura biologica. Gli enunciati in esame pertanto esprimono l'esigenza che sia nell'ambito del riparto del fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca finanziato dal MIUR, sia nel piano triennale delle attività del CREA, si destini una quota parte delle risorse assegnate a progetti per la ricerca e la innovazione in agricoltura biologica.

Consapevoli della importanza che la ricerca e l'innovazione nonché la divulgazione dei risultati ottenuti hanno ed avranno ancor di più nel futuro, per garantire al biologico italiano il ruolo di primo piano che già oggi ricopre a livello europeo, viene ad esse destinata una parte consistente, pari al 30% delle risorse assegnate al Fondo di cui all'articolo 6 che illustrerò a breve.

Nella stessa lettera d) dell'articolo 8, si specifica inoltre la necessità che vengano assegnate somme, individuate nel decreto di riparto previsto sempre all'art. 6: a progetti di ricerca che abbiano una durata sufficiente a garantire l'ottenimento di risultati certi e divulgabili e quindi almeno compresa tra tre e cinque anni; a progetti di ricerca che coinvolgano tutti gli attori della filiera, per rimarcare l'importanza che deve essere attribuita alla organizzazione e alla strutturazione del comparto; assicurando un adeguato compenso alle aziende che prendono parte ai progetti.

Anche l'Art. 9 rientra tra quelli che annoverano gli strumenti di pianificazione. In esso si richiama la Formazione professionale e la si promuove a beneficio di tecnici e operatori del settore del biologico nonché dei soggetti pubblici incaricati di svolgere il controllo.

Le aziende che adottano il metodo di coltivazione e di allevamento biologico, quelle che entrano in conversione, le aziende che si occupano della trasformazione, hanno l'esigenza di avvalersi di tecnici preparati e aggiornati che sappiano validamente affiancarle negli specifici processi produttivi. Come già detto, un comparto in crescita costante da diversi anni come quello dell'agricoltura biologica deve essere supportato prima di tutto attraverso una buona assistenza.

I princìpi in base ai quali organizzare la suddetta formazione professionale, vengono demandati ad un decreto che il Ministro delle politiche agricole agroalimentari e forestali emanerà di concerto con il ministro del lavoro e delle politiche sociali previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trenta e di Bolzano.

Anche i contratti di rete di cui all'art. 7 sono ricompresi tra gli strumenti di pianificazione. Con l'art. 6-bis del decreto 91/2014 convertito nella legge n. 116/2014, per le reti di impresa già normate in agricoltura è stato introdotto l'accesso ai finanziamenti agevolati per investimenti in ricerca e innovazione tecnologica. Questo strumento pertanto, oltre a rappresentare una modalità organizzativa innovativa che tuttavia ha già esempi anche nel settore agricolo, permette alle aziende biologiche di accedere a ulteriori canali di finanziamento.

Lo strumento finanziario previsto da questo progetto di legge, denominato Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica, di seguito definito Fondo, viene descritto e normato all'articolo 6.

II Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica è destinato al finanziamento delle iniziative previste nel Piano d'azione nazionale, con la riserva del 30% destinata ai programmi di ricerca. Con decreto ministeriale avviene la ripartizione delle risorse tra le iniziative individuate nel Piano d'azione, e vengono definite le modalità di funzionamento del Fondo. Lo schema di decreto deve essere inoltrato alle Commissioni competenti per il parere.

Il Fondo è alimentato con le entrate derivanti dal contributo per la sicurezza alimentare individuato nel 2 per cento del fatturato dell'anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari autorizzati e fertilizzanti di sintesi, contributo già previsto a legislazione vigente, che originariamente ammontavano a circa 11 mln di euro ma che nel tempo, a seguito dei numerosi tagli lineari disposti dalle leggi finanziarie a partire dal 2008, si è notevolmente ridotto attestandosi con una cifra pari a circa 3 mln di euro.

Il capo V disposizioni in materia di organizzazione della produzione e del mercato annovera gli articoli dal 10 al 14.

L'Art. 10 norma i Distretti biologici, già presenti nell'articolato originario nel quale i distretti biologici venivano assimilati ai Distretti rurali e ai Distretti agroalimentari di qualità, così come definiti ai sensi dell'art. 13 del Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

Il tema dei Distretti come organizzazione dello sviluppo del territorio, è ormai da tempo all'attenzione del legislatore che ha formato dapprima i Distretti industriali e quindi i Distretti agricoli nella articolazione sopra riportata.

Il riferimento di legge specifico ai Distretti Biologici non esiste ancora sebbene negli ultimi dieci anni sia nato un interesse, via via crescente, per questo tema sia nel mondo accademico così come in seno alla amministrazione pubblica che, infatti, ha finanziato i principali progetti di ricerca sviluppatisi su tale materia. Il primo progetto di ricerca, BioDistrict, svolto negli anni 2007-2008, venne finanziato dal Ministero delle politiche agricole, con lo scopo di definire, attraverso l'applicazione di una metodologia scientifica, gli indirizzi generali per la realizzazione dei distretti biologici. Successivamente, negli anni 2009-2011, il progetto BioReg, ha avuto l'obiettivo, partendo dai risultati ottenuti nel precedente progetto, di mettere a punto un lavoro specifico su tre casi studio relativi ad altrettante Regioni italiane — Marche, Piemonte e Sicilia — dando spazio a processi partecipativi e verificando l'applicazione della metodologia individuata per la costituzione di distretti biologici. Entrambi i progetti sopra ricordati sono stati realizzati dal Dipartimento di Economia e Impresa dell'Università degli Studi della Tuscia.

Da ultimo, sempre il Mipaaf, con il coordinamento di ISMEA, la partecipazione dello IAMB di Bari e della Università di Bologna, ha finanziato il progetto denominato DIMECOBIO, nell'ambito del quale un focus di approfondimento è stato dedicato ad indagare la struttura, le dinamiche di sviluppo e le performance socio-economiche dei bio-distretti.

L'attenzione al tema dei Distretti Biologici da parte di Istituzioni e Enti di Ricerca, è maturata in un contesto, quello della realtà agricola italiana, spesso molto dinamico e talvolta incline a proporre soluzioni e iniziative per migliorare le condizioni della economia di interi territori e dei comparti produttivi che in essi operano.

In quasi tutte le Regioni italiane è operativo uno o più distretti biologici, nato attraverso l'adozione di disciplinari privati e alcuni anni or sono si è costituita una rete internazionale che raccoglie esperienze analoghe presenti in diversi Paesi. (International Network of EcoRegions).

È interessante notare come i territori dove ricadono i biodistretti spesso abbiano caratteristiche analoghe a quelle individuate nell'ambito della Strategia nazionale per le aree interne per perimetrare queste ultime e, spesso, facciano parte di quei sistemi definiti Sistemi agricoli ad Alto Valore Naturale di cui ho accennato all'inizio di questa relazione.

Spesso dunque quando parliamo di Distretti biologici parliamo di territori a vocazione agricola biologica, caratterizzati da grande valore aggiunto in termini paesaggistici e naturalistici ma anche da fragilità espressa dai parametri socio-economici che li rappresentano. Caratterizzati ancora da grande dinamicità in relazione alla ricerca di soluzioni partecipate ai problemi dell'area e alla capacità di mettere in atto iniziative spesso innovative per la loro risoluzione.

Nell'articolo 10 la Commissione ha voluto normare una realtà già esistente e molto viva e in costante divenire definendo, fra l'altro, le finalità per cui vengono istituiti i Distretti biologici: non solo tutelare l'agricoltura biologica ma più in generale promuovere l'uso sostenibile delle risorse naturali anche in attività non agricole. E inoltre mettere in rete, oltre alle risorse naturali, gli agricoltori con i trasformatori, con i consumatori, con gli operatori turistici, con gli enti locali perché i primi possano trovare nel loro territorio di riferimento il bacino naturale in cui i loro prodotti possano essere valorizzati e gli altri possano acquistare a prezzi congrui alimenti sani la cui realizzazione tutela salute e ambiente.

Il comitato direttivo individuato quale promotore e propositore del distretto biologico è appunto costituito da tutti i soggetti che a vario titolo si occupano di agricoltura biologica ed hanno a cuore l'uso sostenibile delle risorse, che vedono nel Distretto biologico anche la opportunità di promuovere insieme alle produzioni biologiche, tutto il territorio nel quale esse vengono realizzate. La Regione è destinataria della richiesta di riconoscimento del Distretto biologico: in questo nel testo in esame è stata adottata la strategia di riconoscimento bottom-up, acquisendo così i suggerimenti pervenuti dagli auditi i quali hanno testimoniato il sostanziale fallimento di molte esperienze organizzative analoghe, tramontate proprio perché non pervase da un reale interesse e da un diretto coinvolgimento di chi avrebbe dovuto renderle operative.

I requisiti e le condizioni per la costituzione del Distretto biologico, vengono specificati in un decreto del Ministro previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

I successivi tre articoli del testo, e cioè 1'11, il 12 e il 13, recano rispettivamente Organizzazioni Interprofessionali nella filiera biologica, le Intese di filiera per i prodotti biologici e le Organizzazioni di produttori biologici.

Le organizzazioni interprofessionali, che raccolgono in una unica struttura almeno due delle principali parti o la totalità della filiera, sono regolamentate ai sensi dell'Art. 3 del DL 51/2015, convertito con modificazioni dalla legge 91/2015 coerentemente con le disposizioni del Reg. (UE) 1308/2013. Esse si configurano come strumento di miglioramento delle relazioni tra le varie parti della filiera e di equilibrio e trasparenza del mercato a beneficio della competitività e della sostenibilità economica delle produzioni agroalimentari.

La normativa comunitaria consente di riconoscere organizzazioni interprofessionali per prodotto, gruppi di prodotto o di settori specifici analiticamente indicati nell'allegato I del Reg. (UE) 1308/2013; non prevede un riconoscimento per tipologia o per sistemi qualitativi o con caratteristiche trasversali, "orizzontale" per prodotti appartenenti a settori specifici differenti: la stessa Commissione, tuttavia, lascia la possibilità agli Stati membri di legiferare per la costituzione di Organizzazioni Interprofessionali multi-settoriali, ciò che viene fatto nel presente provvedimento di legge considerando il settore del biologico, multi-settoriale, come un unicum. Nell'articolo 11 vengono richiamate le caratteristiche che le OI devono avere e le finalità che devono raggiungere per essere riconosciute dal Ministero, al quale competono anche il controllo e la vigilanza. Talune delle suddette finalità riguardano: il miglioramento della conoscenza e della trasparenza del mercato anche attraverso la pubblicazione di dati statistici sui costi di produzione, sui prezzi, sui volumi e attraverso l'analisi sui possibili sviluppi del mercato; il miglioramento del coordinamento per la immissione dei prodotti sul mercato, in particolare attraverso studi e ricerche di mercato, esplorando potenziali mercati d'esportazione e diffondendo i prezzi pubblici di mercato; la redazione di contratti-tipo per la vendita di prodotti agricoli biologici ad acquirenti o per la fornitura di prodotti trasformati a distributori e rivenditori al minuto; la valorizzazione del potenziale dei prodotti biologici rafforzandone la competitività; lo svolgimento di ricerche volte a innovare, razionalizzare la produzione, la trasformazione e la commercializzazione; la promozione del consumo di prodotti biologici.

Così come definita dall'art. 168 del Reg. 1308/2013, viene prevista anche per la Organizzazione interprofessionale del settore biologico, la possibilità di estensione delle regole, puntualmente normata nei commi da 8 a 13.

All'Art. 12 viene istituito il Tavolo di filiera dei prodotti biologici che ha, fra l'altro, la facoltà di proporre al Ministero le intese di filiera che mirano a:valorizzare le produzioni agricole primarie, i prodotti e i sottoprodotti derivanti dalle diverse fasi della filiera biologica; a favorire lo sviluppo dei processi per ottimizzazione dei costi di produzione; a conservare il territorio, le risorse naturali, la salute pubblica e la biodiversità; a promuovere la istituzione e lo sviluppo dei distretti biologici.

Le intese non possono comportare restrizioni alla concorrenza ma possono prevedere accordi per la programmazione della produzione o del miglioramento della qualità che possano avere come conseguenza la limitazione dei volumi d'offerta. Tale fattispecie è regolamentata per fare fronte a eventuali crisi di mercato che devono essere documentate e protratte nel tempo e le programmazioni devono essere approvate dal Ministero che ne verifica la compatibilità comunitaria, sentita l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).

Per le Organizzazioni dei produttori biologici normate all'art. 13 del testo di legge in esame, vale quanto già detto per le OI: le organizzazioni di produttori per singolo prodotto o per specifico settore hanno un riferimento normativo nel Reg. (UE) 1308/2013 ma anche in questo caso il singolo Stato membro può legiferare per OP multi-settoriale.

Le OP devono nascere per iniziativa dei produttori e l'articolo individua nella commercializzazione in forma associata delle produzioni e nella attivazione di un programma operativo, le finalità di cui una almeno deve essere presente tra quelle statutarie. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni, sono definiti i criteri e i requisiti in base ai quali le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano riconoscono le organizzazioni dei produttori biologici e le loro associazioni. Il Ministero è competente al riconoscimento delle Associazioni dei Produttori Biologici quando associano OP riconosciute in regioni diverse. Con il medesimo decreto sono altresì definite le modalità con le quali le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano esercitano le attività di verifica in merito alla sussistenza di tali requisiti e sulla loro permanenza.

La pratica dello scambio di piccole quantità di sementi, in ambito locale, riprodotte direttamente dagli agricoltori, è alla base del mantenimento della biodiversità ed è funzionale soprattutto alle aziende biologiche che utilizzano in via prioritaria sementi adattate in un determinato areale di coltivazione.

L'Art. 14 Sementi Biologiche, modificato con un emendamento durante l'esame del testo in Commissione, apporta una modifica a quanto previsto dalla legge 1096/71 aggiungendo il comma 6-bis con il quale si riconosce agli agricoltori che producono le varietà di sementi biologiche, da conservazione, nei luoghi dove tali varietà hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche, il diritto alla vendita diretta e in ambito locale nonché il diritto al libero scambio delle stesse sementi o di materiale di propagazione relativo a tali varietà.

Allo stesso modo è consentito agli agricoltori che producono sementi biologiche non iscritte al registro varietà vegetali o sementi di varietà da conservazione o da riproduzione aziendale di selezioni proprie il diritto di vendere direttamente ad altri agricoltori, in ambito locale, in quantità limitata, le medesime sementi o materiali di propagazione purché prodotti in azienda, nonché il libero scambio e gli altri diritti previsti dagli articoli 5, 6 e 9 del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura.

Il capo VI disposizioni finali si compone dell'Art. 15 Abrogazioni e dell'Art. 16 Norme di Salvaguardia.